La penisola calabrese si plasmò nei suoi aspetti
fisici già in tempi remotissimi.
Poi vennero gli uomini che, in quasi
tre millenni di vita, contribuirono a portare qualche cambiamento
all'aspetto della regione. Bonificarono, per esempio, zone paludose
contese dalle acque; disboscarono molte località; ne ammantarono altre
di nuove selve; agghindarono con ricami di coltivazioni le pianure, i
colli, i declivi dei monti.. Con la loro operosa presenza, insomma, essi
trasformarono in parte il volto della propria terra, mitigandone
l'aspetto selvaggio con note di gentilezza. La Calabria è il risultato
dell'opera della Natura e dell'uomo insieme: un'opera di scultura la
prima, la più importante, che modellò le forme e le linee della regione,
ricoprendola di vegetazione lussureggiante; un'opera di pittura, la
seconda, più delicata, che rivestì qua e là tali forme di mille ordinate
e fiorenti colture. Agli incantevoli scenari della Natura andrebbe
aggiunto, per completare il quadro, quello che ha creato l'uomo durante
secoli di civiltà e cioè le città, i borghi, le chiese, le abbazie, i
castelli, ecc.
LA POSIZIONE
La Calabria si protende verso sud, articolandosi nella
punta dello "stivale". Attorno alla sua forma, agile e slanciata, si estendono due mari:
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il Mar Tirrenio, ad ovest;
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il Mar Ionio, ad est;
Questi due mari si incontrano nello Stretto di Messina, che separa la Calabria dalla Sicilia.
La regione confina con la Basilicata, saldandosi alla Penisola Italiana col massiccio del Pollino.
Sin da questa prima visione, la Calabria si presenta a noi come un immenso plastico di montagne di varie altezze.
Esse occupano la maggior parte del territorio e che l'Appennino Calabrese, staccandosi da quello Lucano, si erge nell'acrocoro della Sila,
si prolunga nella Catena delle Serre e quindi si alza di nuovo davanti allo Stretto di Messina, nel massiccio dell'Aspromonte.
Degradando verso i due mari, le montagne disegnano coste piuttosto frastagliate, arcuate da golfi ed irte di capi, di punte, di promontori.
IL TERRITORIO
Il primo saluto della Calabria ce lo dà la
Catena del Pollino, che si erge imponente sul confine con la Basilicata e costituisce l'ultimo balzo dell'Appenino Lucano.
Essa culmina nella Serra Dolcedorme (metri 2.271) e nel Monte Pollino (metri 2.248).
Dai suoi fianchi vediamo scendere numerosi corsi d'acqua, di cui il più importante è il
Fiume Coscile che, bagnata la conca di Castrovillari, esce nella
Piana di Sibari
e va ad affluire nel Fiume Crati.
La Piana di Sibari, una delle poche zone pianeggianti della regione, si apre sullo Ionio, davanti al Golfo di Taranto, fra il
Capo Spulico e il Capo Trionto,
e ci ricorda col suo nome l'antica città si Sibari che vi si trova sepolta chissà dove. Oggi bonificata, la "piana" è fiorente di colture, ma per molti secoli essa
fu sconvolta dalle acque dei fiumi che la colmarono dei loro detriti. A proposito dei fiumi, a parte i maggiori, essi hanno carattere torrentizio e vengono chiamati "fiumare".
Le fiumare calabresi hanno letti incassati e ripidi che si fanno via via più ampi scendendo verso il mare.
Nei periodi di pioggia esse si gonfiano di acque che causano rovinose alluvioni, trascinando nel fango i magri campicelli che i contadini coltivano sui fianchi delle montagne
e causando paludi ed interramenti sulla costa. Spostiamoci ora sulla florida valle del
Fiume Crati, il fiume più lungo della regione. La sua valle è un vasto corridoio che
s'inoltra fino alla bella conca di Cosenza fra due ali montuose: quella della Catena Costiera, ad ovest, e quella della Sila, ad est.
La Catena Costiera, solcata da numerosi torrenti che affluiscono al Crati, scende dall'altra parte con valli boscose e profonde che si aprono sul litorale tirrenico.
Esteso fra il Golfo di Policastro e il Golfo di Sant'Eufemia, questo tratto di litorale è tutto un sorriso di fresche marine e si adorna delle uniche isolette della Calabria:
l'Isola di Dino, piatta e allungta, con sponde rocciose ricche di grotte, e l'Isola di Cirella, di forma tondeggiante.
Il monte più alto della Catena Costiera è il Cocuzzo (metro 1.541).
La Sila è invece il gruppo montuoso più bello della regione ed uno dei più affascinanti d'Italia.
Esso è formato dal grandioso massiccio granitico che dal cuore della Calabria avanza come una tozza penisola fra il Golfo di Taranto e il Golfo di Squillace.
L'Acrocoro Silano comprende:
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la Sila Grande, al centro;
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la Sila Greca, al nord;
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la Sila Piccola, a sud;
Contornata da fianchi dirupati, la Sila si presenta con una serie di altipiani sui mille metri d'altitudine,
ondulati da rilievi le cui cime maggiori sono quelle del Botte Donato (metri 1.929), del
Montenero (metri 1.881) e del Gariglione (metri 1.765).
Meraviglia della Sila sono le maestose foreste di pini e di faggi che rivestono gli altipiani e che le hanno fatto meritare il nome di "Gran Bosco d'Italia".
E lo stesso nome della Sila deriva dal latino "Silva Brutia", che ricorda la sterminata
selva dei Bruzi (uno degli antichi popoli italici della Calabria)
passata poi ai Romani che la sfruttarono per costruirvi navigli e basiliche.
All'incanto di questa superba foresta, per rendere più stupendo il quadro della Sila, si sono aggiunti oggi tre grandi e splendidi laghi artificiali, le cui
acque serrate da poderose dighe, riforniscono di energia elettrica, gran parte dell'Italia Meridionale. Risplendono simili a gemme, fra la cornice
di chiare praterie e di scure selve di conifere.
Sono i laghi: Cecita, Arvo, Ampollino.
Tali bellezze fanno della Sila una magnifica zona turistica sempre più frequentata da villeggianti e da sciatori.
Dalle falde silane, oltre al Crati, scendono numerosi corsi d'acqua che, percorrendo suggestive vallate, raggiungono i due mari. I più importanti sono:
- il Neto e il Tacina che sboccano nello Ionio attraversando la zona del
Marchesato di Crotone;
- il Savuto, che sfocia nel Mar Tirreno tra la Catena Costiera ed il gruppo del
Monte Reventino (metri 1.417).
Seguendo i loro corsi passiamo successivamente alle zone dei castagneti, dei gelsi, dei vigneti, degli ulivi, degli agrumi.
Ed eccoci al cosiddetto "Istmo di Catanzaro", il punto più stretto della Penisola Calabrese; così stretto che gi antichi geografi credevano che da qui avesse inizio
una nuova penisola. E difatti, sembra proprio che gli opposti golfi di Squillace e di Sant'Eufemia si spingano in dentro nel territorio col desiderio di incontrarsi.
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- il Golfo di Squillace, spalancato sul Mar Ionio fra il Capo Rizzuto e la Punta Stilo;
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- il Golfo di Sant'Eufemia, sul Tirreno fra il Capo Suvero e il Promontorio di Tropea. Su questo golfo si affaccia la Piana di Sant'Eufemia,
rigata dal Fiume Amato e fiorente di colture.
L'Appenino Calabrese, intanto, prosegue con la
Catena delle Serre, gruppo di belle alture ricoperte di fitta vegetazione che prendono i nomi di Gran Serra, Serra San Bruno e Serra di Vibo Valentia.
Le Serre collegano la Sila all'Aspromonte, culminando nel Monte Pecoraro (metri 1.420) e nel
Monte Crocco (metri 1.268).
Sorvolando le Serre, potremmo goderci la vista dei due mari e delle loro sponde. Il litorale ionico, che dopo Punta Stilo procede fino a Capo Spartivento, è fiancheggiato
da aride colline di marna, scavate da fiumare ed è per lo più deserto. Solo qualche cittadina, fra cui Locri, memore dell'antico e glorioso centro della Magna Grecia,
anima ogni tanto la solitudine della marina.
Quanto al litorale tirrenico (la celebre "costa viola" descritta con entusiasmo più di 2.000 anni or sono dal filosofo
Platone)
possiamo senz'altro affermare che è una delle più affascinanti del mondo. Lungo di essa si susseguono baie luminose, orlate di spiagge della sabbia di velluto, scogliere fantastiche,
strapiombi di roccia che s'immergono nelle acque dalle trasparenze talora viola e talora smeraldo. Ma vi si apre anche una vasta pianura: è la
Pianura di Rosarno o di Gioia, detta
anche più semplicemente "La Piana", un tempo paludosa e malsana ed oggi gremita di viti e di uliveti i cui alberi assumono proporzioni gigantesche. La Piana, bagnata dal
Fiume Mèsima, riceve i fragranti ed umidi aliti del Tirreno che
qui dà profilo al grande Golfo di Gioia, teatro di pittoresche ed avventurose cacce al pesce spada. Chiude a sud questo Golfo il favoloso promontorio di Scilla, oltre il quale ha inizio, in vista della terra
sicula dominata dall'Etna, lo Stretto di Messina.
Dall'estrema punta della Penisola sorvoliamo l'ultimo balzo dell'Appenino: il massiccio dell'Aspromonte.
L'Aspromonte, noto come la "montagna di Garibaldi" per i fatti che sappiamo, è un acrocoro che dalla sua vetta più elevata, il
Montalto (metri 1.959),
si espande a raggiera. Tutt'intorno degrada una serie di colline a terrazze verso i due mari.
Alcune di queste terrazze (specialmente i Piani di Aspromonte) sono assai vaste e le vediamo ondulate di campi e di pascoli; altre, invece, sono ricoperte di boschi fittissimi,
fra cui prevalgono quelli di lecci, di querce, di faggi, di pini. Per questi boschi e per i suoi incomparabili panorami, per le sue fresche sorgenti e per le sue praterie
che d'inverno si coprono di neve, l'Aspromonte richiama schiere sempre più numerose di villeggianti e di sciatori.
IL CLIMA
Il clima calabrese, naturalmente, varia molto secondo l'altezza e l'esposizione di ogni zona. In genere si può dire che il clima del versante ionico, esposto verso l'Africa,
è più caldo di quello tirrenico. D'inverno la temperatura si mantiene mite su entrambe le coste, mentre diventa assai rigida nell'interno, specialmente sui rilievi più alti.
D'estate, invece, il clima è molto caldo sulle coste, appena mitigato dalle brezze marine, e fresco sulla Sila e sull'Aspromonte.
Le piogge, più frequenti sul litorale ionico, sono di solito brevi ma impetuose.
Quanto alla neve, essa incappuccia d'inverno tutta la zona montuosa, favorendo la conservazione delle sorgenti, dei pascoli l'allegria degli
sciatori.
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